Bettelmatt ultra trail
Che dire?
Sentirsi come Heidi per 83 km con 5080+ vuol dire godersi 16 ore e 10 di spettacolo offerto gratuitamente dalla natura, e dallo zampino della tecnologia che ha inventato le frontali, altrimenti alle tre del mattino
sarebbe stato difficile capire dove mettere i piedi.
Le primissime luci dell’alba delineavano schietti profili montuosi tutt’intorno a noi, facendo pregustare una giornata meravigliosa per i nostri occhi.
Il vento che ha mostrato la sua forza tutto il giorno spargeva nell’aria ora il profumo dei fiori ora il profumo della terra, dando voce al tifo delle marmotte che curiose seguivano il nostro passaggio.
Quanto avevo immaginato all’alba ha poi avuto conferma il giorno, mi sono nutrita di immagini che porterò con me, più che di cibo… vuoi per l’emozione, vuoi per l’altitudine, o per la fatica che poi si dimentica,
dopo nove ore di gara il mio stomaco ha detto “ne ho abbastanza e tu ?”
Io no, sono andata avanti, sempre più curiosa di scoprire se sarei arrivata sul tappeto rosso del traguardo.
In tutto questo al rifugio 3 A, posto a 3000 mt di quota, (62° km) qualche lacrima fa capolino, è emozione, la si tocca con mano, il lungo scivolo di neve che sul subito mi intimorisce, poi mi galvanizza, scio con le mie scarpette nuove e mi diverto come una matta.
Finalmente raggiungo la piana di Bettelmatt, fatidico cancello orario, evvvvvai ci sono, con ben 2 ore e 15 di anticipo, agguanto una banana, di li a un ora finalmente riesco a convincere il mio stomaco che ci serve proprio mangiare qualcosa, anche solo un boccone, ma ci dobbiamo sforzare, e sia, pian piano riesco a mangiare e a bere. Tra due chiacchiere con Filippo e tre marmotte sudate solo a guardarci, arrivo al 75° km, un goccio di cola, in lontananza intravedo un gonnellino, scatta la molla, non posso rinunciare ora alla mia quinta posizione, ricomincio a correre sul lungo lago, la leggera inclinazione del terreno mi viene in aiuto, passo il concorrente che avevo perso qualche km prima, mi avvio verso l’ultima discesa in parte gradinata, passo altri due concorrenti e i ragazzi del soccorso alpino mi fanno un tifo da brivido.
Ecco, sento in lontananza lo speaker, sta per iniziare con le premiazioni, devo sbrigarmi porca mucca, manco io, allora giù con rinnovata energia, non voglio assolutamente mancare.
Eccolo il sospirato tappeto rosso, il traguardo è lì, la gioia è tanta, tantissima, il cronometro si ferma a 16 ore 10 minuti15 secondi.
…… Che dire? Si può essere felici dopo tanta fatica? Sì assolutamente sì
PS: un grazie alla gonnellina svolazzante, non era in gara ma mi è stata di grande stimolo.
Un grazie gigantesco va: agli uomini del soccorso alpino, alle volontarie e ai volontari che erano disposti in ogni dove sul percorso.
L’accoglienza calorosa degli organizzatori ha coronato questa mia giornata, questo sogno che ha preso concretezza.
Gabry Boi